Pane tipo "integrale"
"
Per tutelare il pane, chi lo produce e chi lo consuma, in Italia la legge ne stabilisce chiaramente
le caratteristiche e le eventuali denominazioni.
La legge n.580 del 4 luglio 1967, promulgata dal Parlamento italiano, negli anni del boom economico, in
un periodo storico in cui il paese vedeva la ripresa e il fiorire dell'intero sistema produttivo ed
economico dopo gli anni della guerra, individua due tipologie di pane: il pane comune e quello
speciale.
Il pane comune è quello preparato con la farina di grano tenero, dando chiarezza sulla denominazione
dei vari pani come la farina di orzo, di avena, di grano oppure la farina tipo integrale, tipo
bianca ecc...
La legge precisa anche il contenuto di acqua da impiegare nella panificazione stabilendo il massimo
contenuto di acqua da utilizzare all'interno delle varie ricette di pane, le tipologie di sostanza
grassa ammessa per la panificazione e la percentuale minima dei grassi contenuti nei pani speciali
che oggi si differenziano dal pane comune seguendo anche tradizioni locali che danno l'impronta e
il taglio al tipo di pane speciale.[...]"
[1]
Quando ho scritto l'articolo, nella fretta, ho trovato il testo di legge nel link citato.
Ma nella stesura definitiva ho allegato, alla sezione "Appendice" del presente Manuale,
la Legge n.580 del 4 luglio 1967 ed
altre regolamentazioni riguardanti il nostro settore. La regolamentazione del pane "integrale" e degli
altri prodotti da forno "integrali", risulta piuttosto complicata. Si veda a questo proposito anche il
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 9 febbraio 2001, n. 187 e la CIRCOLARE 10 novembre 2003, n.168
del MINISTERO DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE.
La citata legge n.580 del 1967, stabilisce anche la
definizione di che cosa sia il pane integrale:
" Art. 17.
Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 00 è denominato
«pane di tipo 00».
Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 0 è denominato
«pane di tipo 0».
Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 1 è denominato
«pane di tipo 1».
Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 2 è denominato
«pane di tipo 2».
Il pane prodotto con farina integrale è denominato «pane di tipo integrale».
Il pane prodotto con semola o con semolato di grano duro, ovvero con rimacine di semola o semolato,
è denominato
rispettivamente «pane di semola» e «pane di semolato».
Nei locali di vendita i vari tipi di pane devono essere collocati in scomparti o recipienti separati,
recanti un cartellino
con l'indicazione del tipo di pane e del relativo prezzo."[2]
Si sa che qui da noi vige, praticamente da sempre,
il detto: "fatta la legge, trovato l'inganno", che è nel nostro Bel Paese,
la regola non scritta che trionfa su tutto quanto mai sia stato scritto, da quando
è stata inventata quest'arte! Non la mia, ma quella della scrittura.
Purtroppo viviamo in un Paese in cui le leggi non vengono
abrogate mai sostituendole con leggi maggiormente adeguate, ma vi restasse anche un solo piccolo
comma di un minuscolo articolo, le si conserva per far soppravvivere i burocrati che di questo
"pane" (o sangue?) si nutrono.
"A) Utilizzazione del termine «Integrale» nell'etichettatura dei
prodotti da forno.
E' stato sollevato un problema di interpretazione relativamente
all'uso del termine «integrale» nella etichettatura dei prodotti da
forno ottenuti attraverso la miscelazione di farina di grano tenero
con crusca e/o cruschello invece che con farina integrale, come
definita dal decreto del Presidente della Repubblica n. 187/2001.
La questione e' rilevante per diversi aspetti. Anzitutto occorre
distinguere la denominazione di vendita dall'ingrediente, secondo le
diverse utilizzazioni della farina. Nel caso in cui questa venga
destinata alla vendita diretta al consumatore o alla panificazione,
occorre rispettare quanto previsto dal decreto n. 187/2001. Quando e'
ingrediente, la farina in parola puo' essere designata col nome
«farina di frumento» o «farina di frumento integrale» cosi' come
avviene negli altri Stati membri."
Così, da un estratto della CIRCOLARE 10 novembre 2003, n.168
del MINISTERO DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE, che prevede quanto mi accingo ad affermare più
sotto e non me lo sono dunque inventato io. La tecnica molitoria deve essere per forza di cose,
per il progresso della tecnologia, mutata dai tempi dei mulini del Po, descritti egregiamente
da Riccardo Bacchelli nella sua opera monumentale e, penso, anche mutata radicalmente dal tempo
della storica Legge n.580 del 4 luglio 1967, cui devono comunque fare riferimento il pane, la pasta e gli
sfarinati.
Avendo saputo, dai fornitori stessi, i mugnai, che,
data la moderna tecnica molitoria,
praticamente non esistono mulini che macinano il grano producendo farina integrale così
come è, ossia come Natura produce il frumento; che i moderni mulini sono fatti per
separare le singole componenti del frumento, estraendone magari il germe di grano, che rivendono
a parte, ne consegue che, comperando "cosiddetta farina integrale", fatta con miscuglio
di farina bianca e crusca senza germe di grano, quindi non si sarebbe comunque in regola
con quanto detta la citata legge n.580 del 1967 e gli altri Decreti e Circolari di cui in
nota [1].
"Le denominazioni di vendita, riservate agli sfarinati, previste dal
decreto n. 187/2001 sono vincolanti solo per i produttori di farine e
le caratteristiche fissate al comma 3 dell'art. 1 di detto decreto si
applicano esclusivamente alle farine destinate alla panificazione e
alla vendita diretta al consumatore: non sono, quindi, vincolanti per
gli altri settori industriali, in particolare per i prodotti da
forno, tanto e' vero che l'art. 10 ha previsto una specifica deroga.
L'uso, poi, del qualificativo «integrale» nella denominazione di
vendita (esempio: biscotti integrali) risulta coerente sia nel caso
di utilizzo di farina di frumento integrale acquistata come tale da
aziende molitorie, sia nel caso in cui si ottenga tale prodotto, con
le medesime caratteristiche, nell'ambito dello stesso opificio, ove
viene utilizzata, aggiungendo crusca e/o cruschello alla farina di
grano tenero. Il termine «integrale», infatti, implica la presenza di
crusca e/o di cruschello in quantita' tale da assicurare un
significativo apporto nutrizionale di fibre nel prodotto finito.
La
crusca/cruschello sono, infatti, gli unici elementi che
differenziano la farina di frumento integrale dalla farina di grano
tenero non essendo, inoltre, vincolanti per utilizzazioni diverse
dalla panificazione e dalla vendita diretta al consumatore i
parametri previsti al comma 3 dell'art. 1 del decreto n. 187/2001.
Pertanto non ha rilevanza alcuna, ai fini dell'informazione al
consumatore, la messa in evidenza che si tratta di «farina integrale
di grano tenero» proveniente dai molini con i parametri previsti
dalla norma suddetta oppure di «farina di frumento integrale» sempre
proveniente dai molini ma con parametri diversi da quelli previsti
dalla norma o, infine, di farina integrale ricostituita, all'interno
dell'azienda utilizzatrice, con parametri uguali o diversi da quelli
previsti dalla norma. I prodotti finiti sono tutti legali con
caratteristiche organolettiche pressoche' identiche."
Dalla solita "wikipedia",
[3]
https://it.wikipedia.org/wiki/Farina.
"Farina veramente integrale e farina ricostruita. Si è aperto ultimamente un dibattito sulla
farina veramente integrale, magari ottenuta con la macinazione a pietra e quella ricostruita per
esempio unendo farina "Tipo 0" alla crusca.
La differenza sostanziale tra i due prodotti che all'apparenza sono simili si può verificare
dall'analisi chimica, se la farina ricostruita contiene fibra in quantità molto simile alla
farina integrale, o comunque una quantità di fibra deciso dalla ricetta desiderata.
Non è lo stesso per le vitamine, i minerali, gli enzimi e i grassi, ovvero le sostanze più
preziose del grano dal punto di vista nutrizionale, che sono contenute nel germe, il germe
nella farina ricostruita è in alcuni casi assente.
Le motivazioni dell'assenza del germe dalla farina ricostruita sono le seguenti:
a) una volta fatta la fatica di separarlo dal grano perché si deve re-inserire, visto che, venduto
separatamente, ha un prezzo molto interessante?
b) la crusca e i cruscami questi invece sono normalmente destinati ad utilizzo zootecnico quindi
scarso valore e possono essere miscelati senza problemi alla farina raffinata, se il mercato chiede
farina integrale.
c) inserimento di germe nella farina data la sua presenza di grassi, riduce la conservazione della stessa,
altro ottimo motivo per non inserirlo nella farina ricostruita.
d) il germe come ottenuto dopo la sua separazione ha una dimensione troppo grande non adatta ad essere
re-inserito nella farina bianca, la crusca invece è molto sottile e si può aggiungere senza problemi."
Allora, preso atto delle norme più sopra,
mi viene spontaneo dire che, se si devon forzatamente far pasticci
per i quali, in ultima analisi sarebbe responsabile il fornaio che impasta e deve mettere i
cartellini con l'elenco degli ingredienti, detti pasticci li fo da me,
anche perché mi preme produrre pane di
qualità, essendo
magari in regola innanzitutto con la mia coscienza morale e professionale, nel senso che, nel mio
pane integrale ci voglio mettere proprio tutto quanto Natura dona al frumento, compreso il germe di grano.
Anche perché
[...]"si applicano esclusivamente alle farine destinate alla panificazione e alla vendita diretta al consumatore: non sono, quindi, vincolanti per gli altri settori industriali, in particolare per i prodotti da forno, tanto e' vero che l'art. 10 ha previsto una specifica deroga."
Per come la vedo io,
il pane è un prodotto da forno, come tutti gli altri, quindi...se la norma contraddice se stessa,
nella stessa, riga, ognuno la interpreti a modo suo, tanto più che nel prodotto finito
ci sono comunque gli stessi, indistinguibili, ingredienti.
Detto questo, ogni panificatore può giudicare da se' quali sono
le regolamentazioni e operare secondo coscienza, come dicevo, professionale e morale.
Anche perché dubito fortemente che, una analisi
di laboratorio possa evidenziare differenze tra una farina integrale uscita come deve essere
da un ipotetico molino che restituisca, in fondo al procedimento molitorio, tutto quanto deve
esserci nel grano, ed una buona miscelazione che contenga altrettanto bene tutti i conponenti
che ci devono essere: farina di frumento, crusca, cruschello e germe di grano.
Mi rendo conto di essermi dilungato in questa disquisizione,
ma, il fatto che la questione «integrale» sia, per così dire "spinosa", non dipende
certo da me!
Considerando quindi che il pane prodotto secondo
il metodo "tutta biga", come descritto
nell'articolo "ciabatte", secondo mio modesto,
quarantennale parere, sia uno dei migliori metodi di panificazione,
sopratutto per il fatto che contiene pochissimo lievito industriale, il pasticcio, se così
vogliamo continuare a chiamarlo, lo faccio aggiungendo io stesso crusca e germe di grano
alla biga,
per produrre questo pane che fa bene alla salute, come ci dicono i dietologi, e,
lo dico una volta per tutte, è quello che mangio io stesso ogni giorno.
Voglio dirlo ancora più chiaramente,
con parole diverse: la legge mi dice che devo produrre il pane integrale con farina
integrale, ma la farina integrale che vendono i mulini NON È INTEGRALE,
come "suggerisce" Wikipedia.
"farina veramente integrale, magari ottenuta con la macinazione a pietra"
Quanti saranno i molini a pietra?
Quale il costo della materia prima da questi ultimi?
Bisogna anche considerare che, almeno secondo la mia
esperienza, la richiesta del pane integrale rappresenta forse un 1% della produzione giornaliera
totale. Acquistando un sacco da questi molini d'elite, rischio di vedermelo scadere
prima dell'esaurimento. Quindi cerco di produrre, a modo mio, un pane integrale che rispetti i requisiti di legge.
E ne sono talmente convinto che lo mangio io stesso!
Pane di tipo 'integrale'.
Ingredienti:
Farina di grano tenero tipo 'integrale', acqua,
glutine di frumento, germe di grano,sale, lievito, malto.