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Horacio Verbitzky

Blog di Giovanni Chifelio

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Riflessioni sulla senilità

Trovato leggendo "Bel ami" di Guy de Maupassant.

Mercoledì 11 maggio 2016
   Mi ha colpito particolarmente questa paginetta per averla letta in un periodo in cui riflettevo sulle ingiurie che il tempo infligge alle persone. Andavo inoltre rimuginando una cosa trovata su internet, circa un complotto contro l'umanità, dove le prime vittime di quel complotto, sono appunto gli anziani non più produttivi.

      "Norbert de Varenne parlava con voce nitida, ma in sordina, una voce che avrebbe destato echi nel silenzio notturno se lui non l'avesse moderata. Appariva sovreccitato e triste, in preda a quella tristezza che s'abbatte talvolta sugli animi e li rende pronti a vibrare come la terra sotto il ghiaccio.
    Riprese: «Che importa, del resto, un pò più o un pò meno d'ingegno, se tutto è destinato a finire!»
    E tacque. Duroy, che quella sera aveva l'allegria nel cuore, disse sorridendo: «Lei è piuttosto nero, oggi, caro maestro.»
    Il poeta rispose: «Lo sono sempre, ragazzo mio, e lo sarà anche lei, fra qualche annetto. La vita è un monte.
    Finché si sale, si guarda la vetta, e ci si sente felici; ma quando s'arriva lassù, si scorge d'un tratto la china, e giù in fondo la fine, che è la morte. L'ascesa è lenta, ma la discesa è un ruzzolone. Alla sua età, si ha il cuor contento. Si spera in un mucchio di cose, anche se non s'avvereranno mai. Alla mia età, non ci si aspetta più nulla, tranne... la morte!» Duroy si mise a ridere: «Capperi, mi fa venire un brivido nella schiena.»
    Norbert de Varenne rispose: «No, lei oggi non può capirmi, ma più in là ricorderà le mie parole di adesso.
    Viene un giorno, vede, e per molti viene molto presto, in cui la festa è finita, come si suol dire, perché dietro tutto quel che si guarda, una sola cosa si scorge: la morte. Alla sua età essa non significa nulla. Alla mia, è una parola tremenda. Già, la si comprende d'improvviso, senza saper perché né a proposito di che; e allora, nella vita, tutto cambia aspetto. Son quindici anni, io, che sento la morte lavorarmi, come se avessi dentro un tarlo roditore. Poco alla volta, un mese dopo l'altro, ora per ora, l'ho sentita minarmi come una cosa che si sta sfasciando. M'ha talmente sfigurato, ch'io non mi riconosco più. Nulla è rimasto di me, dell'uomo raggiante, fresco e forte che ero a trent'anni. L'ho vista tingermi di bianco i capelli neri, e con quale sapiente e perfida lentezza! Essa s'è portata via la mia carne soda, i miei muscoli, i miei denti, l'intero mio corpo d'una volta, lasciandomi soltanto, ma per portarsi via anche quella, presto, un'anima colma di disperazione. Sì, m'ha ridotto in briciole, l'immonda, ha compiuto lenta e terribile la lunga opera di distruzione della mia persona, attimo per attimo. E ora m'accorgo di morire in ogni mio atto. Ogni mio passo m'avvicina a lei, ogni mio gesto, ogni mio respiro affretta il suo odioso compito. Respirare, dormire, bere, mangiare, lavorare, sognare, tutto quel che facciamo è un morire. Insomma, vivere è morire! Oh, se n'accorgerà anche lei! Rifletta soltanto un momento e anche lei la vedrà dappertutto, la morte! Che cosa s'aspetta? Amore? Ancora qualche bacio, e poi lei sarà un impotente. E dopo? Denaro? Per che farne? Per pagar delle donne? Bella soddisfazione! Per mangiar molto, diventare obeso e gridar per nottate intere sotto il morso della gotta? E appresso? Un poco di gloria? E a che serve, quando non la si può più cogliere sotto forma d'amore? E poi, e poi? Ancora e sempre la morte a chiuder baracca e burattini... Io, adesso, me la vedo così vicina, che spesso mi verrebbe voglia d'allungare un braccio per spingerla indietro. Essa ricopre la terra e riempie lo spazio. La scopro dovunque. Le bestiole schiacciate lungo le rotabili, le foglie che cadono, il pelo bianco scorto nella barba dell'amico, tutto mi strazia il cuore e mi grida in faccia: "Eccola!" Essa mi sciupa tutto ciò che faccio, tutto ciò che vedo, tutto ciò che mangio o che bevo, tutto ciò che amo, i pleniluni, le albe, il mare aperto, i bei fiumi e la brezza delle serate estive, così dolce a respirare!»
    Camminava adagio adagio, con un lieve affanno, pensando ad alta voce, quasi dimentico che qualcuno lo stava a sentire.
    Riprese: «E mai un solo essere tornerà, mai... Si conservano i calchi delle statue, gli stampi per rifabbricar di continuo oggetti identici; ma il mio corpo, il mio volto, i miei pensieri, i miei desideri non riappariranno mai più. Anche se nasceranno milioni, miliardi d'individui che avranno, su una superficie di pochi centimetri quadrati, un naso, due occhi, una fronte, delle guance e una bocca come me, e magari un'anima come me, io tuttavia non tornerò più, non riapparirà mai più nulla di riconoscibilmente mio fra le innumerevoli creature così diverse, indefinitamente diverse anche se pressappoco simili. A che ancorarsi? A chi gridare al soccorso nel nostro naufragio? A che cosa credere? Tutte le religioni sono stupide, con la loro morale puerile e le loro egoistiche promesse, spaventosamente sciocche. Soltanto la morte è certa.»
    Si fermò, prese Duroy pei risvolti del cappotto, e con voce lenta aggiunse: «Mediti su tutto questo, giovanotto, ci mediti sopra per parecchi giorni, mesi ed anni, e vedrà la vita in maniera diversa. Cerchi di liberarsi da ciò che lo imprigiona, compia il sovrumano sforzo d'uscir mentre è vivo dal suo corpo, dai suoi interessi, dai suoi pensieri e dall'umanità tutta intera per rivolger lo sguardo altrove; e allora capirà quanta poca importanza abbiano le dispute fra romantici e naturalisti, e le discussioni sul bilancio.»
    Riprese a camminare, a passo svelto.
    «Ma anche lei proverà l'angoscia tremenda dei disperati. Si dibatterà, sperduto, affogato nelle incertezze. Griderà aiuto a dritta e a manca, e nessuno le risponderà. Tenderà le braccia, invocherà per esser soccorso, amato, consolato, salvato; e nessuno le verrà incontro. Perché dobbiamo soffrire così? Senza dubbio perché eravamo nati per vivere più in obbedienza alla materia che in obbedienza allo spirito; ma a furia di pensare, s'è creato uno squilibrio fra la nostra intelligenza ingigantita e le immutabili condizioni della nostra esistenza. Guardi la gente mediocre: se non son grosse catastrofi a cader loro fra capo e collo, son beati e contenti, senza soffrire per la comune sventura. Neppure le bestie ne soffrono.»
    Si fermò un'altra volta, rifletté per qualche istante, poi con voce stanca e rassegnata fece: «Io sono un uomo alla deriva. Non ho né padre, né madre, né fratelli, né sorelle, né figli, né Dio.» Aggiunse, dopo una pausa: «Ho soltanto la rima.»
    Quindi, alzando gli occhi al firmamento dove brillava la faccia pallida della luna piena, declamò:
    E in questo cielo nero
    e vuoto, ove si libra
    pallido l'astro della notte, cerco
    la chiave del mistero.
   
Raggiunsero il Pont de la Concorde, lo attraversarono in silenzio, poi fiancheggiarono il Palais-Bourbon.
    Norbert de Varenne ricominciò a parlare: «Prenda moglie, amico mio, lei non sa che vuoi dire viver soli, alla mia età.
    La solitudine, oggi, mi colma d'un'angoscia orribile; il deserto in casa, presso il focolare, la sera. Mi sembra d'essere solo sulla terra, orribilmente solo, ma assediato da oscuri pericoli, da cose sconosciute e terrificanti; e la parete che mi separa dal vicino che non conosco, me lo rende lontano quanto le stelle che scorgo dalla finestra. Qualcosa come una febbre m'entra nelle ossa, una febbre di dolore e di timore, e il silenzio delle mie mura mi sgomenta. È così profondo e così triste, il silenzio della stanza dove si vive soli! È un silenzio che avvolge non solo il corpo, ma anche l'anima; e quando un mobile scricchiola, si ha un tuffo di sangue, tant'è inaspettato qualsiasi rumore nel triste rifugio.»
    Fece un'altra pausa, poi aggiunse: «Quando si è vecchi, ci vorrebbero proprio dei bambini!»
    Erano giunti circa a metà di Rue de Bourgogne. Il poeta si fermò davanti a un alto fabbricato, suonò, strinse la mano a Duroy e gli disse: «Dimentichi questa mia senile tiritera, caro giovanotto, e viva come si deve vivere alla sua età. Buonanotte!»
    E scomparve nel buio del portone."
   

Articolo n.66: senilita.php
Sito: chifelio
Tema: 22 - Recensioni culturali
Data: 2016-05-11

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