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Horacio Verbitzky

Blog di Giovanni Chifelio

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Filologia di preghiere. Nuove e vecchie "fedi".
Domenica 6 giugno 2018

    Nato nel lontano 1954, fui educato come si usava allora, tra casa e chiesa fin da piccolissimo. Crescendo aumentarono gli educatori: alla scuola materna, suore e ragazze più grandi mi imbottirono di riti religiosi e mi iniziarono alla parola scritta, cercando, senza riuscirci, di rendermela noiosa, con pagine e pagine di astine tutte uguali, il cui scopo ancora oggi mi sfugge.
    Mi rimase impresso quel "scialodatoGesùCristo" di cui ho parlato in uno dei miei primi parti letterari, formula anomala di saluto, con la quale ci si doveva rivolgere alle "vecchie suore nere", le quali avrebbero dovuto rispondere con "semprescialodato", che mi servì poi da aggancio, più tardi, accostata alla prima, per comprendere il rebus di quello strano sciogli-lingua: mi si perdoni se son stato tardivo. Avevo soltanto tre anni e non ero disincantato come i bimbi d'oggi, resi svegli e intuitivi dai moderni sortilegi tecnologici: mio nipote a due anni sa mandare dei what'sapp senza senso, ma li invia! E sfoglia, con lo smartphone, siti dove ci sono canzoni, scegliendo i preferiti.
   Più grande, fu la scuola, il catechismo col vice parroco, l'oratorio con giochi e altri indottrinamenti religiosi ad opera dei ragazzi più grandi e del vice parroco; funzioni religiose e preghiere a tutte le ore, intercalate ai giochi fatti all'oratorio, sempre ad opera del suddetto vice parroco che ci accompagnò fino all'adolescenza.
    Venne la scuola superiore e venne il '68, dopo gli anni delle scuole medie dai salesiani!
   Fu naturale, nei tempi di protesta contro tutto e tutti, ribellarsi e buttare alle ortiche tutto quell'indrottinamento religioso.
    In realtà non ci si ribellava proprio a tutto, o, almeno secondo me, maturo da riflessioni di tutta una vita, non ci si ribellò mai a quello che DAVVERO avremmo dovuto ribellarci: il gioco economico del denaro. Era di moda semmai contestare il "capitalismo", senza cogliere il nesso tra questo e gli inventori del gioco.
    Il gioco più adulto di porsi sempre delle domande su tutto, anche sulle cose più ovvie, doveva ancora sorgere in me. Fino al Concilio Vaticano II, credo, in cui venne cambiata la lingua delle preghiere e dei riti, dal latino all'italiano, siamo tutti scusati, me compreso, che un poco di latino dovetti pur studiare dai salesiani all'epoca della scuola media, poiché lì eran severi in tutte le materie. Forse, quel poco di bene che mi fecero, nell'insieme, quei preti, i quali, o almeno alcuni, non rispettavano l'innocenza che, si dice, nel Vangelo, dovrebbero avere i fanciulli, fu la serietà nello studio e nel lavoro.
    Non so che cosa sarei oggi, culturalmente, senza la loro severità di insegnanti.
   Dicevo "scusati" fino a che si pregava e recitava in latino, che magari recitavamo formule a memoria, senza conoscerne l'esatto significato. Ma con la preghiera in italiano, che capivamo più o meno tutti, persino gli irriducibili pensanti in piemontese come me, avremmo dovuto riflettere su quello che ci facevano dire-pregare.
   Una domanda che mi sono sempre posto, e che non troverà mai risposta, ma mi auguro se la sia posta anche qualcun altro è:
per quale motivo inserire nella preghiera al Capo Supremo, insegnataci, almeno in teoria, da Suo Figlio Gesù Cristo, le parole "rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori"?
   Per quale motivo usare i concetti di debito e debitori, un concetto economico preciso, valido soltanto in un contesto socio-economico nel quale vige la cultura del denaro, quando sarebbe stato naturale, ovvio, domandare al Padre Nostro, a Dio, la remissione dei peccati e non dei debiti, i quali, questi ultimi, appartengono al volgare universo materiale, tanto disprezzato nell'insegnamento del Cristo, ma adorato dai suoi successori, che nei tempi hanno costituito le alte gerarchie della Sua Chiesa?
    Ma Gesù non fu quello che rovesciò le bancarelle dei mercanti nel Tempio, dando con questo stesso atto il più eloquente messaggio di curarsi della propria salute spirituale, trascurando la parte materiale della vita e di noi stessi?
    Per quale motivo scegliere proprio la parola "debito" fra le tante disponibili?
   E il fatto non era accaduto nel passaggio-traduzione, dal latino alla lingua italiana: era così già in latino. Potrei capire se in latino non esistesse la parola "peccato", ma c'è. In quell'altra preghiera alla Mamma di Gesù, non si dice forse "ora pro nobis peccatoribus", vale a dire "prega per noi peccatori"?
    Invece no, "dimitte nobis debita nostra, sicut nos dimettimus debitoribus nostri"!
   Se tanto mi dà tanto, debita debitoribus, a peccatoribus deve corrispondere peccata! O no?
    Allora, se le parole, latine prima e italiane dopo, ci sono e ci sono sempre state, per chiedere a Dio la remissione dei peccati, perché il senso che ho sempre capito io del Pater Noster, mi pare proprio quello, allora c'è stato dolo grave, intenzionalità, da parte dei Padri della Chiesa, a compilare Vangeli, preghiere e quant'altro, per fare in modo che noi pecoroni belassimo in coro una cosa per un'altra.
   A meno che si trovino, in testi più antichi, versioni diverse, maggiormente consone della stessa preghiera.
    Ancora solo un appunto sul "dimitte nobis". In altri scritti, il "dimitte" è stato tradotto con "perdona"[1], ma nel Pater Noster viene tradotto con "ri-metti, cioé "metti di nuovo".

   Capito?

   Tutti noi, milioni di persone, in contemporanea, in Italia, miliardi di individui nel mondo, a chiedere in coro, in quella enorme cassa di risonanza spirituale che sono le chiese, che ci vengano messi di nuovo i nostri debiti invece di "perdona i nostri peccati"!
   
    Non dimentichiamo che la Chiesa Cattolica è anche una banca!
    Di ritorno alla Fede in Dio, non riconoscendomi più nella confessione Cattolica, e quindi non riconoscendo la loro autorità, prego a modo mio, in solitudine poiché penso che lì si possa "incontrare" Dio, con quella stessa preghiera ovviamente chiedendo il perdono dei peccati e non dei "debiti" e chiedendo, alla fine, di liberarmi dal male, che la cultura del denaro ha annidato nel mio, nei nostri cuori: il male è ovviamente l'interesse!


    [1]Es.: "...Christo in cruce: «Pater, dimitte illis, non enim sciunt quid faciunt».Tradotto in italiano con "...Cristo in croce: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno».
   

Articolo n.73: religione.php
Sito: chifelio
Tema: 3 - Controllo mentale
Data: 2018-06-18

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