"Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole che si sappia. Il resto è propaganda."
Horacio Verbitzky

Blog di Giovanni Chifelio

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Benvenuti nella pagina "Domenica". di Giovanni Chifelio

16 gosto 2009

Domenica.

   Domenica si svegliò, come sempre all'alba. Le sei meno dieci. Istintivamente, con la mano destra cercò la presenza, dall'altro lato del letto, del corpo caldo di lui.
   Lui non c'era.
   Non poteva esserci. Era un panettiere: si alzava quando lei si coricava -il sole e luna amavano definirsi scherzando bonariamente sul loro destino. A quell'ora lui era al lavoro.
   Ma era festa, erano chiusi, per fortuna e lui non doveva lavorare. Poi, loro due erano in pensione, ormai.
   Avrebbe benissimo potuto essere come nel sogno, oppure avrebbero potuto essere in uno dei loro viaggi last minute a cercare l'estate in qualche angolo del mondo, anche quando lì a casa l'estate non c'era. Il negozio l'avevano ceduto perché -si rese immediatamente conto di essere catapultata nella gelida realtà, dopo l'abbraccio tiepido del sogno, che già si andava sbriciolando come pane secco, sogno nel quale stavano camminando affiancati su un strada sterrata, con i bastoncini da trekking, con i loro zaini, le loro provviste per un pick-nick in alta montagna.
   Suo marito non c'era più da un anno.
   Non c'era più da quando aveva perso la sua battaglia con quel piccolo, ridicolo tumore allo stomaco, il quale, dopo i trattamenti di rito, i "protocolli", come li chiamano loro, si era esteso ovunque, persino nelle ossa.

   Si riscosse dai pensieri tristi e mise fuori le gambe dal letto, cercando a tastoni le ciabatte sullo scendiletto.
   In vestaglia uscì sul balcone ed ammirò lo spettacolo di quella stupenda mattinata della seconda domenica d'agosto.
   Al diavolo i pensieri funesti ed il piangersi addosso per la solitudine coatta. Sarebbe andata a camminare in valle Po e Giuseppe sarebbe stato al suo fianco come nel sogno, come ai bei tempi. Avrebbero parlato e riso come tante altre volte. Come quando Giuseppe c'era ancora.
   Ad ovest il Monviso si stagliava nitido nel cielo chiaro, rosseggiando di un'alba che la pianura non aveva ancora ricevuto pienamente, superando in altezza tutti i monti circostanti. Non una nuvola all'orizzonte.
   «Ëndoma a Pian Munè, Beppe?»
   Rientrò e si preparò un caffè nella moka da uno. Buffo come cambia la vita persino nei minimi dettagli. Aveva dovuto comperarsi una caffettiera più piccola, quando si era stufata di compiere ogni giorno l'inutile rituale delle due tazze, salvo poi rendersi conto che nessuno avrebbe bevuto la seconda.
   La nuova moka, lucida rispetto alla vecchia, ossidata dall'uso, vecchia caffettiera, le impediva perlomeno di preparare la seconda tazza, poiché sembrava suggerirle:
   «It ses sola, Domenica. It vëddi nen che 'd cafè ai na jè mac na tasa?»
   Sempre in vestaglia si cambiò le ciabatte, indossando quei vecchi zoccoli di legno che usava per andare nell'orto e scese ad innaffiare.
   L'aria del mattino era frizzante e preannunciava una giornata lievemente ventosa, con un cielo di un azzurro raro e prezioso. Una di quelle giornate di alta pressione del primo autunno.
   Constatò che i finocchi seminati alla Madonna del Carmelo erano ormai alti una quindicina di centimetri.
   Terminata l'innaffiatura dei pomodori, zucchine, fagiolini e delle melanzane, Domenica risalì in casa. Preparò un pranzo al sacco con panini, insalata e frutta. Una bottiglia d'acqua fresca e una piccola bottiglia di vino rosso.
   Mise tutto nel suo zaino e ne saggiò il peso. Pesante, ma accettabile.
   Sarebbe andata a Pian Munè con l'auto e poi avrebbe risalito la strada in terra battuta fino a Pian Croes.
   Come quando c'era Beppe.
   Avrebbero pranzato a Pian Croes, sui tavoli di legno sul terrazzo fatto di assi, all'arrivo della seggiovia. Lassù c'era un paesaggio stupendo e l'aria sottile dei duemila metri. Sarebbero magari saliti fino a ij Luset -se davvero ci fosse stato anche Beppe con lei. E se avesse avuto qualche anno di meno.
   Adesso da sola no. C'erano dei passaggi un po' paurosi, dopo le grange per salire fino ai due laghetti. Ma lassù era bellissimo.
   Una pace ed un profumo di artemisia che veniva da chissà dove. Avevano esplorato un poco il pendio sopra il lago più grande, dove il profumo era più intenso, ma non l'avevano trovata.
   Lì era ripido e selvaggio. Rocce, radici, rododendri. Non era come salire su un sentiero, inerpicarsi nel brutto a quel modo, da vecchi. Alla fine avevano deciso di contentarsi del profumo, invece di preparare il fine liquore chiamato genepì.
   Si lavò, si mise il rossetto, una civetteria femminile alla quale non aveva rinunciato nemmeno dopo la morte di suo marito. Anche dopo che le era passato ogni desiderio sessuale.
   Non ci pensava nemmeno lontanamente a trovarsi un altro uomo, anche se c'era stato più d'uno che l'aveva corteggiata.
   Pensò che avrebbe potuto abbronzarsi un poco e mise il prendisole.
   Non trascurò di portarsi un maglione e una leggera giacca impermeabile.
   In montagna non si sa mai. Meglio essere prudenti anche nelle giornate più limpide.
   In auto pensò che, se anche non avesse conosciuto la strada, avrebbe potuto proseguire senza fallo, cercando di tenere il Monviso a prua.



   Domenica aveva imparato alcuni termini marinareschi durante quel viaggio alle Eolie, tanti anni prima, con Giuseppe, in cui avevano fatto delle belle escursioni in barca a vela come ospiti.
   Quanti bei viaggi avevano fatto loro due.
   Sospirò e si asciugò una lacrima che le stava appannando l'immagine del maestoso Monviso.
   Cuba, le Canarie, il Messico. Quante belle estati con suo marito! L'anno precedente ci era tornata da sola. Non riusciva ad accettare l'idea di essere rimasta sola, e non poter più fare quei viaggi meravigliosi. Non voleva arrendersi alla vita. Era partita senza dire nulla all'unico figlio. L'animatore del villaggio di Cancan si era complimentato con lei per la sua audacia nell'affrontare un simile viaggio da sola.
   Però non era la stessa cosa. Quando si è soli tutto te lo ricorda. Proprio come questa passeggiata in valle Po. Camminare soli non è come camminare in due fianco a fianco. Da quando lui non c'era più, Domenica si portava anche il suo bastoncino.
   Era la sua battaglia contro la solitudine. In fondo, nei villaggi turistici o sui sentieri di montagna si trova sempre qualcuno con cui scambiare due parole. Domenica contava su tutti gli appigli che la strada della vita poteva offrirle, per vincere la sua lotta.
   Immersa in questi pensieri, nel suo passato, Domenica si accorse di aver superato Paesana e di stare già affrontando i tornanti della strada per Pian Munè.
   Diresse la sua Fiat Panda alla fine del piazzale, già sull'inizio della strada in terra battuta, lì molto ampia, che era la sua meta. Parcheggiò a destra sotto le fronde basse delle betulle, per trovarla fresca al momento del ritorno.
   Scese, indossò gli scarponcini da montagna, che però non erano pratici per guidare. Prese le sue cose: lo zaino, i bastoncini da trekking e si incamminò lentamente sulla strada in terra battuta.
   I due bastoncini erano uguali, una coppia di bastoni da sci, ma Domenica sapeva perfettamente quale fosse il suo e quale quello del marito, da minuscole rigature sulla vernice superficiale.
   Con quello del marito in mano poteva sentire la presenza di lui, quasi fosse realmente a camminare al suo fianco. Quando non c'era nessuno intorno, di tanto in tanto parlava con lui.
   Dopo un centinaio di metri pianeggianti, la strada prendeva ad arrancare più brutalmente, dando al suo respiro di fumatrice un ansito faticoso.
   Domenica aveva abbandonato il vizio del fumo all'epoca della morte del marito. Un po' per paura di morire prima della sua ora a causa del fumo, ma più che altro per la paura di soffrire come lui, dato che, in fondo, morire sarebbe stato un ricongiungersi a lui, a tutti i suoi cari che l'avevano abbandonata lungo il cammino della vita.
   Procedeva con lentezza quasi metodica. Altri escursionisti, dopo un breve scambio di convenevoli, andavano oltre, distanziandola sempre più. Domenica non aveva fretta.
   Dopo un paio di tornanti, il suo corpo si era abituato alla salita. Il battito del cuore ed il respiro divennero leggermente accelerati, ma regolari e sostenibili. Come diceva sempre suo marito, la montagna va affrontata con determinazione, ma non si deve arrivare subito ad uno scontro duro. Come con la suocera. Forse era così con tutte le cose.    Non si permise di considerare quanto ancora mancasse a Pian Croes, perché questo l'avrebbe scoraggiata, ma ogni tanto guardava verso il basso, verso la stazione di partenza della seggiovia, per constatare la strada già fatta.
   Siccome la strada era ripida si saliva molto in fretta. Era come l'ottimismo del bicchiere mezzo pieno.
   Il piazzale era ingombro di tronchi d'abete tagliati.

   Il pensiero che la vecchiaia imminente prima, e la morte poi, l'avrebbero privata di quel meraviglioso spettacolo che la natura le stava offrendo, la turbò soltanto un attimo.
   Poi si disse che forse, anzi sicuramente, esisteva una vita dell'anima, la quale, dopo la morte fisica, avrebbe continuato a fare le stesse cose, quasi tutte, con meno fatica e meno angoscia, non dovendosi portare appresso un corpo che teme di morire.
   Nonostante questa convinzione, Domenica era consapevole che non avrebbe mai cercato la morte per nessun motivo. L'avrebbe accettata di buon grado, come naturale conclusione della vita. Avrebbe atteso pazientemente il suo turno.
   In condizioni normali, s'intende. Non avrebbe saputo dire con certezza cosa avrebbe fatto di fronte alla sofferenza di un male brutto come quello che colpì il suo povero Beppe. Oppure di fronte alla sofferenza psichica. Come nel caso di sua sorella Piera.

   I loro genitori avevano un solo cruccio: il fatto che Piera andasse matta per il ballo. Per loro i balli pubblici, le balere erano l'anticamera della perdizione, dell'inferno.
   Il fatto che Piera desiderasse andare in ogni paese, in ogni luogo, vicino o lontano, in cui ci fosse una festa con un ballo, li metteva in uno stato di perenne angoscia.
   Chissà cosa avrebbe potuto succedere? Si comincia con un valzer e si finisce...
   Così furono contenti e sollevati quando Piera trovò lavoro in un bar, perché, dovendo lavorare la sera, dato che il caffé era aperto fino alle ore piccole, cioè proprio quando ci sono i balli, avrebbe sicuramente evitato i pericoli che loro più paventavano.
   Ma i guai e i pericoli, spesso sono lì in agguato, anche dove ci si crede al sicuro da essi.

   Piera era di carattere chiuso. Parlava poco. Così non confidava i suoi guai a nessuno.
   Ma quando si accorse che erano ormai alcuni mesi che non aveva più il suo ciclo, ne parlò con Carla, una giovane conoscente che, nel suo giorno libero, incontrava sempre sulle panchine del parco vicino all'ospedale, dove questa accudiva il figlioletto di un medico.
   «It l'has cò la nausija?»
   «Sì! Come it fas a saveilo?»
   In breve Carla le spiegò che ciò che Piera faceva con il proprietario del bar, nei loro incontri segreti a tu per tu, poteva essere pericoloso.
   «It të speti!»
   In un sol colpo, Piera realizzò e condensò insieme, tra le sue congetture ingenue, le allusioni dei genitori, le balle dei preti e quelle di lui, padrone del bar, datore di lavoro e marito infedele, la sua tardiva educazione sessuale.
   La splendida giornata autunnale, con gli uccelletti fra i rami degli alberi del parco che sembravano cantare, soltanto un attimo prima, un soave e naturale Inno alla Gioia, divenne per Piera, buia e triste.
   Si rese conto contemporaneamente della sua vergogna e della sua ingenuità.
   Avrebbe dovuto trovare il coraggio e l'occasione per parlare con lui da solo per chiedergli aiuto.
   Passarono giorni, settimane. Una volta c'era gente nel locale, altre volte era presente la moglie.
   Cominciava ad essere più tonda, adesso che era consapevole e lo notava. Il seno le doleva.
   Finalmente riuscì a dirglielo. Lui non rispose alle sue domande circa le rassicurazioni, le sue balle per farla stare tranquilla quando facevano quelle cose.
   «It ses trop giovo. Peul nen esse
   La rassicurò dicendole che conosceva una signora brava per queste cose. La accompagnò a Moretta, dove nessuno li conosceva, da una ostetrica compiacente, la quale però si rifiutò di farlo, dato l'avanzamento della gravidanza.
   Fecero i silenzio tutto il viaggio di ritorno sull'auto di lui. Piera si rifiutò, piangendo, quando lui parcheggiò nel solito prato appartato.
   Fu allora che prese la decisione.
   La settimana seguente, nel suo giorno libero, con la morte nel cuore, prese la corriera per Cuneo.
   Era una giornata nebbiosa. Piera scese alla prima fermata dopo il lungo viadotto che porta alla città.
   Tornò indietro nella nebbia, fino al centro del ponte.

   A Domenica venivano ancora le lacrime agli occhi, pensando ai diciotto anni di sua sorella ed al nipote mai nato.

   Cercare la morte, pensò Domenica, è un atto di viltà. L'incapacità di affrontare la vita, con i suoi guai.
   No. Dopo tutto ciò che aveva visto, ne era sicura. Avrebbe atteso la sua ora serenamente. Tutti si deve morire, ma al momento opportuno. Ne' prima ne' dopo.
   Un motociclista sorpassò Domenica, facendole un cenno con la sinistra. Domenica pensò che la montagna era fatta per camminarci, non per andare a motore, soprattutto con quei sassi e buche. Naturalmente l'uomo poteva essere uno dei tanti marghè che nella bella stagione popolavano quei monti, quindi avrebbe potuto essere giustificato.
   Ma era un po' troppo...cittadino.
   Nel tornante successivo c'era uno spiazzo e l'uomo, quasi in risposta ai pensieri di Domenica, si arrestò.
   Mentre questo faceva i suoi preparativi per lasciare casco e moto, Domenica lo raggiunse. Qualcosa nell'uomo ispirava simpatia, mentre al contempo, l'innata diffidenza verso gli sconosciuti la poneva in una situazione conflittuale.
   La solitudine che aveva conosciuto da poco la spingeva a cercare di attaccare discorso ad ogni occasione. In fondo lì, su quella strada popolata di turisti quella domenica mattina, il rischio che correva era minimo.
   «Coma a l'è brut esse da soi!»
   Esordì Domenica, cercando di celare l'ambiguità dei sentimenti contrastanti che l'animavano da quando non attraversava più il mondo con la sicurezza datale dalla vicinanza del compagno.
   «A l'è n'ani che ne om a l'è mancà. I l'avio pen-a armëttù 'l negasse. I l'avio na panetteria...»
   Domenica iniziò così a raccontare tutta la sua vita allo sconosciuto che ora camminava lentamente al suo fianco.
   «Che combinassion! Mi cò i son ën panatè.»
   Dopo avergli raccontato del marito morto tra atroci sofferenze per tumore all'apparato digerente, dei viaggi e delle camminate in montagna insieme, Domenica raccontò prima di sua sorella Piera, poi del fratello. Aveva tanta voglia di parlare con qualcuno, ma era combattuta dal timore dell'estraneo, dal timore di dare fastidio ed essere una compagnia noiosa. Così, nelle pause naturali del suo discorso -parlava quasi sempre solo lei- Domenica esortava l'uomo a proseguire, sperando in cuor suo che l'uomo non accettasse l'invito.
   «Ma monsù, chiel a l'è giovo, a marcia pì lest. Mi i vado pian, ij faso mac perdi temp. Ca vada pura sa veul ëndè.»
   Dopo le rassicurazioni dell'uomo, Domenica proseguiva il suo racconto.
   Il fratello era un uomo ambizioso, voleva tutto per se'. Si era fatto intestare tutti i beni dagli anziani genitori, passando magari sopra i naturali diritti della sorella, l'unica che le era rimasta.
   Sempre divorato da questa frenesia di avere tutto ciò che desiderasse, si era candidato a sindaco del suo paese.
   Non essendo stato eletto, per la delusione si impiccò ad una trave in casa, dove lo trovò il figlio quindicenne.
«A l'avrà lesu-lo 'n sij giornaj, monsù!»
   Chiacchierando e camminando al passo di Domenica, furono raggiunti due giovani ragazze trentenni che camminavano praticamente in costume da bagno, con l'aggiunta di un minuscolo paio di pantaloncini.
   Un ulteriore tocco di bellezza che si aggiungeva all'ambiente di alta montagna in una magnifica giornata di alta pressione.
   Una delle due conosceva Domenica, essendo del paese dove questa aveva avuto per tanti anni la panetteria. Si salutarono con affetto, ricordando i tempi in cui la giovane ragazza bionda dalla faccia simpatica andava in panetteria e Domenica le regalava la pizza.
   La ragazza presentò la sua amica e Domenica, quasi a volersi giustificare per essere stata sorpresa con un uomo, presentò il collega.
Tutti si strinsero la mano e l'uomo seppe, con un solo colpo d'occhio che preferiva la bionda per la bellezza e la simpatia, anche se l'amica, più austera e seriosa, aveva una stretta di mano vigorosa e ferma, che gli fece una buona impressione.
   Dopo alcune battute le ragazze presero a salire più velocemente, dopo aver salutato nuovamente. Domenica rinnovò l'invito all'uomo di proseguire alla sua naturale velocità.
   L'uomo le rispose che era un piacere parlare con lei e che non aveva nessuna fretta, essendo quello un giorno festivo. Cominciando a sospettare che Domenica avesse un poco di paura a rimanere sola con lui, rimase combattuto tra l'affrettarsi per raggiungere ij lac dij Luset e la sua naturale golosità di storie raccontate. Sapeva che scegliendo di sentire il finale della storia, avrebbe rinunciato a raggiungere i laghi per questione di tempo.
   Proprio per quel motivo si era spinto così in alto con la moto, che normalmente avrebbe lasciato a Pian Munè, dato che avrebbe dovuto essere di ritorno per pranzo al quale avrebbe partecipato la figlia coi bambini.
   Quando raggiunsero nuovamente le ragazze che si erano fermate a mangiare mirtilli, l'uomo, che aveva ormai sentito il finale della storia del fratello di Domenica e il discorso di lei era passato a raccontare di un suo corteggiatore, 'n putanè, che lei aveva sdegnosamente rifiutato, ma forse non era così convinta come diceva, visto che l'alternativa era la sua solitudine, raccolse l'ennesimo invito della donna e, imponendosi un ritmo più sostenuto, in breve tempo distanziò le tre donne.
   Giunto sull'ampio pianoro fotografò due muli che se ne stavano immobili come statue ad osservarlo.



   Proseguì poi sulla strada che porta alle meire, quasi fosse incerto se farcela o meno a raggiungere i laghi.
   Ma raggiunto il piccolo borgo d'alpeggio guardò l'orologio e capì che avrebbe dovuto prendere immediatamente la strada del ritorno, se non avesse voluto fare tardi.
   Alla fontana incontrò nuovamente le ragazze. Il dialogo con parole ed occhi, ormai si limitava alla sola bionda simpatica di cui già l'uomo, chissà perché non ricordava il nome che lei aveva detto quando si erano stretti la mano.
   L'altra ragazza dalla bella stretta di mano sembrava aver capito di non dover intromettersi nel dialogo fra l'uomo e l'amica, come se fosse visibile una specie di feeling naturale fra i due, e se ne stette in disparte.
   La bionda domandò all'uomo se per caso non avesse portato della pizza, giocando sulla conoscenza del mestiere. L'uomo, toccandosi il ventre sporgente da ultra cinquantenne che sta perdendo la battaglia per il controllo della linea, rispose che era venuto a camminare per non cercare di stare in forma e, portarsi la pizza non sarebbe stata una buona idea.
   Poi la ragazza bionda si informò sulle possibili escursioni da quel punto. L'uomo le disse della sua meta, ij Luset, alla quale doveva rinunciare per motivi di tempo, ma indicando il sentiero che si inerpicava appena sopra le meire che si vedevano chiaramente da quel punto.
   La bionda pareva confusa circa un'altra meta, la Gardëtta, ma l'uomo le disse che quel posto si trovava sull'altro versante della valle Po, salendo da Calcinere, quindi non direttamente raggiungibile da lì.
   Alcune nuvole provenienti dal Monviso cominciarono ad oscurare a tratti il sole. Entrambi sapevano che la valle Po era così. Una bellissima mattinata poteva spesso partorire un pomeriggio nuvoloso, ma la notte avrebbe riportato il sereno per riprendere lo stesso gioco ciclico il giorno successivo.
   La ragazza disse di sfuggita che lei veniva in questo posto anche in inverno a sciare, ma, a causa delle considerazioni meteorologiche, vennero a parlare della valle del Maira, che era anche molto bella e il tempo forse meno capriccioso.
   Col suo incantevole sorriso la ragazza diede allora all'uomo appuntamento in valle Maira.
   Si salutarono mentre l'uomo pensava fra se' che se davvero avessero voluto incontrarsi nuovamente, cosa che non gli sarebbe dispiaciuta, avrebbero dovuto incontrarsi in quello stesso posto, visto che l'uomo aveva una casa in Paesana e non sarebbe certamente andato in un'altra vallata. Ma non disse nulla, lasciando decidere al fato.
   Prima di apprestarsi a scendere, l'uomo volle risalire la cresta che gli avrebbe permesso di fare una foto panoramica di Paesana, ma una nebbia fitta lo avvolse prima che riuscisse a raggiungere la cima e rinunciò al suo proposito. A grandi passi prese ad affrontare la discesa, scuotendo il capo per il disappunto.
   Forse la ragazza bionda aveva ragione sul tempo in valle Po.

   Giunto alla stazione di arrivo della seggiovia, l'uomo udì una voce che lo chiamava.
   «Monsù!»
   Domenica era lassù sul terrazzo della costruzione, seduta ad uno dei tavoli in legno grezzo, con le sue cose disposte per il pranzo.
   Pochi convenevoli e si salutarono da buoni amici.
   L'uomo sentiva che ora Domenica non aveva più paura di lui.
   Domenica, guardando l'uomo che scendeva a valle a grandi falcate per la via più diretta, snobbando la strada che scendeva tortuosa, facendo un giro più lungo, pensò sospirando:
   «Se i l'aveissa quei ani 'd meno».
   Poi si asciugò una grossa lacrima pensando al suo Giuseppe ed alla propria solitudine.

   L'uomo invece portava nei suoi pensieri, oltre allla storia di Domenica, gli occhi, il sorriso, il corpo atletico della giovane ragazza bionda della quale aveva ormai irreversibilmente scordato il nome. Si disse che questo incontro con la ragazza aveva come una magia sospesa nel tempo e nello spazio. Una magia più grande che se si fossero incontrati soli e avessero...consumato fino in fondo.


Articolo n.7: domenica.php
Sito: chifelio
Tema: 19 - Scritti, racconti, libri
Data: 2009-08-16

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