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Horacio Verbitzky

Blog di Giovanni Chifelio

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Giovedì 9 marzo 2023
La tragedia dei nativi americani: fu perché erano "selvaggi"?

S


ento la necessità di pubblicare questo articolo, anche a commento del romanzo francese Je suis de la Nation du Loup, di Jacques Serguine, edito da Balland, che ho appena terminato di tradurre.
     Se qualche editore fosse interessato alla traduzione italiana può contattarmi tramite il form del mio sito.

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nel quale annunciavo la prossima traduzione.

     Il libro è praticamente un racconto orale del protagonista, il quale racconta tutta la sua vita di guerriero Skidi Pawnee, La-Gente-del-Lupo. «Perché», vi domanderete, «questo romanzo è così importante per te?». Lo è perché racconta un modo di vivere diverso dal nostro e appartiene ad un periodo storico durante il quale è stato attuato un altro Great Reset, proprio come stanno tentando di fare adesso. Quello che vorrei evidenziare è che esistono, sono esistiti storicamente dei modi diversi di vivere e rapportarsi alla natura, che però adesso viene chiamata con un altro nome e la gente lo accetta passivamente, come se le parole non si riferissero a dei concetti precisi, ma potessero nel tempo mutare parole e concetti. Adesso la natura è diventata "ambiente", come se i due concetti fossero sinonimi, cosa che non è e salta agli occhi ai veri amanti della natura, ma che sta bene alle persone superficiali, che non riescono a comprendere che, cambiando le parole si cambia totalmente il nostro modo di pensare: ossia, se la parola fosse diversa, il mio atteggiamento verso l'oggetto, o il concetto, che la parola indica sarebbe diverso. Chiudo questa divagazione ricordando che questo della filologia che ci toglie il tappeto culturale da sotto i piedi, mettendocene un altro al posto del primo, è uno degli insegnamenti dovuti alle ricerche di Cesco Ciapanna, soprattutto nei libri e vocabolari antichi: confrontandoli si vede che con l'opera dei filologi si cambia il pensiero delle persone. La metafora del tappeto sfilato da sotto e sostituito senza che ce ne accorgiamo è una realtà!
     L'altro insegnamento molto importante è che chi produce la cultura ad hoc per tutti noi (Ciapanna individuava, a ragione, nell'UNESCO, l'organo produttore di una cultura mondiale per tutti) vuole tenerci nascosta e lo fa con cultura, "scienza" e religione istituzionalizzata (=legare con i libri) la nostra magia innata e naturale, oltre alla nostra importanza e centralità nel creato! Tu sei unico!
     Questi popoli che analizzo qui ora, nei nativi americani, vivevano nella magia, la quale creava abbondanza e serenità nelle loro vite, come in quella di tutte le altre piccole comunità tribali che vivevano in armonia con la natura sparse per il mondo. Abbondanza e serenità non vanno bene a chi vuole schiavizzare a proprio beneficio tutti gli altri. Ad essi serve che la gente soffra la penuria, sia impaurita e preoccupata dalle distrazioni che, di volta in volta scelgono per noi, dalle epidemie, al buco nell'ozono e surriscaldamento, all'inquinamento, ma soprattutto vogliono imporci il pensiero unico. È tempo che tutti si rendano conto che «money is the root of all evil» e che lo scopo della nostra cultura, concetto che comprende le grandi religioni organizzate, è proprio quello di nasconderci chi siamo e come potremmo essere se non ci fossero costoro che operano per il male e con il male!
     Questo il secondo grande insegnamento di Cesco Ciapanna, ma quando ho provato a comunicarlo a qualcuno, ho sbattuto contro un muro di gomma, anche con gente che si professava di mente aperta, solo perché credeva di aver capito la forma del mondo in cui viviamo, «la grande isola su cui viviamo», come ripete spesso il protagonista del romanzo: non serve a nulla capire la forma del mondo se non lo si collega a tutto il resto del grande inganno di cui l'umanità è vittima, suo malgrado.
     Nel romanzo, anche se il modo di vivere è ancora quello tradizionale e i nativi non sono esenti da credenze escatologiche sulla creazione del mondo e sulle divinità (forse le religioni poggiano sull'innato bisogno dell'uomo di conoscere il proprio Creatore e le forze buone e malvagie che coesistono «nel mondo qui in basso» e «nell'in-alto»), i problemi di convivenza «sulla grande isola» sono già iniziati a causa delle pressioni avviate dagli europei, gli spagnoli a Sud e inglesi e francesi ad Est, che costringono le popolazioni costiere a spostarsi verso l'interno, andando a dare fastidio ad altre realtà tribali. Da qui il guerreggiare fratricida dei nativi fra loro, che fino a prima dell'arrivo degli europei, consistevano in semplici scaramucce certamente non tragiche come siamo stati capaci di fare noi, che appellavamo questi popoli "primitivi", con le sole due guerre mondiali!

Guarda il video se non
vuoi leggere tutto.

     Quanto descritto nel romanzo è soltanto l'avvio di un processo conclusosi con il quasi totale sterminio dei popoli nativi del continente nordamericano, scientemente voluto da quelle stesse menti che vogliono seminare il pensiero unico mondiale, con tutti i mezzi accennati, primo fra tutti l'UNESCO, poi i media main stream, la TV, eccetera, per poter essere in pochissimi a dominare i molti.

     A conclusione voglio allegare le note originali al romanzo francese e le mie di traduttore, a testimonianza del fatto che il romanzo è estremamente documentato circa la realtà di cui narra.

Note

     La linguistica attacca gli Skidis-Pawnee (Gente del Lupo) al ceppo Hokan-Sioux ed in questo alla famiglia Caddo.
     Detta famiglia comprende, all'inizio del periodo storico, dal lato Ovest del Mississippi e, approssimativamente, da Nord al Sud: gli Arikaras (Gente del Cervo), «i nostri apparentati del Nord»), gli Skidis, i Pawnee («le bande del Sud» o i «nostri vicini parenti del Sud»), i Wichitas («nostri parenti del Sud» o «quelli che costruiscono case d'erba») ed i Caddos propriamente detti (Confederazione Hasinai, Kodohadacho e Natchitoches. «Nostri lontani parenti del Sud»).
     Gli Skidis, verso questa stessa epoca, vivevano al bordo del Platte River, affluente del Missouri, sul territorio dell'attuale stato del Nebraska. Le loro cacce si estendevano fino a quello del Kansas. Le loro incursioni, effettuate naturalmente a piedi, fino a quello del Dakota verso il Nord, alle Rocky Mountains verso l'Ovest, al Texas ed al New Mexico verso il Sud ed il Sud Ovest.
     I più antichi nemici degli Skidis, da questa parte del Mississippi, sembrano essere stati i Gatackas. Chi siano questi ultimi, gli indianisti ne stanno ancora discutendo. Pensiamo si tratti di quelli che l'antropologia culturale nordamericana chiama gli Apache della Prateria (Famiglia Na-déné, gruppo Athapascan).
     Dopo questi, gli Sioux, o meglio Siouans, che designa l'antichissima parola Skidi Chah (Chahrarat: il nemico sioux).
     Gatackas o Chahs, occorre vedere là, in primo luogo la manifestazione classica di rivalità ed ostilità economica, dunque culturale, tra popoli nomadi e popoli stanziali. I Caddoans in effetti, costruendo delle abitazioni fisse, vivevano in villaggi spesso federati tra essi, praticando una agricoltura.
     Tutto il quartiere Nord e Nord-Est era generalmente occupato, dapprima dai Siouans e dietro questi da degli Algonchini («I Barbari del Nord»). A questa immensa famiglia, essa stessa per il suo nomadismo nemica nata dei sedentari, si riattaccano per esempio la Gente del Salice Rosso (Arapahoes) combattuti da Koruks-tapuk.
     Il padre adottivo di quest'ultimo, venuto dall'estremo Est, era originariamente un Mohawk (Gente della Selce), della grande famiglia Irochese. I linguisti hanno stabilito in maniera convincente una parentela relativamente stretta tra le lingue e dialetti irochesi e le lingue o dialetti caddoans.
     Diciamo infine che gli Skidis, che dovevano lottare contro i siouans nomadi, potessero allearsi diversamente con altri popoli dello stesso ceppo, ma essi stessi costruttori di dimore fisse. Così la Gente del Vento, con cui fraternizza col rito delle Pipe-della-Pace il popolo di Koruks-tapuk, sono quasi certamente dei Kansas (Siouans dhegihas).
     Non esistono in lingua francese opere concernenti specificatamente i Caddos o Caddoans, a maggior ragione sui soli Skidis. I lettori interessati dovranno rifarsi ai lavori nordamericani, per esempio, etnologici e costantemente utilizzati da noi come riferimento, di Gene Weltfish; storici e spesso più discutibili, di John Swanton, George E. Hide, Stephen Williams. Il rito dell'Aku'u (Haco) è stato descritto in maniera esaustiva, all'inizio del secolo, da Alice C. Fletcher. Notiamo solamente che la sua versione dei testi pawnees è qualificata, a giusto titolo secondo noi, da G. Weltfish di «ludicrous» (ridicolo, sfiorante il grottesco). Sono in compenso accessibili in lingua francese, delle versioni della Danza-i-cui-si-guarda-il-Sole (Wi wan'Yank Waci'pi), siouans, ma di cui non è per nulla dimostrato che non sia di una più lontana origine caddoans: per esempio in George Catlin (la migliore e quella da cui le altre procedono - Club des Libraries de France), Paul Radin (Payot), o Hartley Burr Alexander (Gallimard).

     Due citazioni:
     «I Pawnee (includendo ovviamente gli Skidis. -Note di J.S.) furono per gli altri "Indiani" degli uomini misteriosi. Di alta statura, viso rotondo, la loro bella presenza li faceva assimilare a dei semi dèi o a dei superuomini.»
    (Clark Wissler)

     «C'è qualcosa presso questi Pawnee-Lupi che mi emoziona fino al profondo del cuore. Essi hanno il coraggio e la grandezza d'animo dei Delawares di montagna.»
    (Fenimore Cooper)

Guarda il Video
della seconda lettura
di Lila di R. M. Pirsig.

     Nota del traduttore.
     A causa della mia lingua materna, il piemontese, assai affine ed apparentato strettamante al francese, probabilmente mi sono sfuggiti nelle traduzione parecchi francesismi non desiderati. Altri invece li ho lasciati appositamente perché mi sembravano adatti ad una cultura diversa da quella italiana e, secondo me in linea col pensiero di una creatura vivente in armonia con la natura, diversamente da come siamo noi "civilizzati". Per esempio «il mio proprio nome» oppure «quello là», vezzo francese da applicare ai pronomi una preposizione spaziale. In particolare ho volutamente tradotto il francese «C'est bien», che a volte è un'affermazione che significa «Va bene», oppure «Sono d'accordo con te», sempre con «È bene», che mi sembra più un'accettazione incondizionata, non giudicante, non valutativa, assai simile agli «Augh!» presenti nei fumetti della mia adolsecenza e in tanti vecchi film sui nativi americani, allo stesso «Waugh!» dell'amico Dakota, nel romanzo, Mato-Najin, affiliato dell'orso come il protagonista che dipana tutto il racconto. A questo proposito, volendo essere il romanzo di una persona anziana che racconta, nel parlato, narrato vocale francese, si sospende a volte il tempo corretto che dovrebbe sempre coniugare al passato, in un "presente da racconto orale" del tipo «Alors, tu sai que est qu'il fait le tipe,...», che definirei un presente da racconto passato. Quando me ne sono accorto, ho tradotto con i tempi giusti al passato prossimo o remoto, ma qualcuno può essermi sfuggito. Me ne scuso: è la mia prima traduzione importante. Più di cinquecento pagine! Ma mi sono divertito immensamente a farlo, perché viene illustrato in questo romanzo un modo di vivere alternativo a quello nostro tecnologico, che è bene conservare. Esempio ne sia per tutto il rifiuto dei cavalli e delle armi nuove, perché giudicate armi da vili, come gli stessi scudi.

     A proposito del George Catlin citato nell'edizione originale francese, nella mia edizione italiana de Il Popolo dei Pellerossa, Rusconi, la descrizione dei Pawnee si trova a partire da pag. 316, Lettera n.34.
     Non so come l'autore abbia avuto notizia della lingua pawnee, nella cui mia traduzione è sempre in corsivo per scelta mia e non so dire quanto risponda a verità linguistica, ma quanto ad usi e costumi, stile di vita, timore che essi suscitavano presso i popoli vicini e antagonisti, tutto è confermato in Catlin citato e ache in La cultura degli indiani del Nord America a cura di Christian F. Feest, edizione Könemann, un libro illustrato molto bello. Non ho avuto accesso a bibliografia di antropologia culturale per ulteriori conferme.
     Aggiungo soltanto che nell'epopea finale, molto raccontata anche dai film, del definitivo annientamento dei loro acerrimi nemici di sempre, i Sioux, Lakota, Dakota e anche Cheyenne e tutte le loro tribù, i Pawnee hanno contribuito attivamente facendo da guide e tracciatori ai soldati blu, ma quello è il periodo più vergognoso della storia americana contro i nativi.
     Di sicuro questi nativi hanno vissuto nell'abbondanza e relativamente in pace anche tra popoli diversi, fino all'arrivo invadente dei bianchi europei, che li spingevano lontano dai loro territori originari, il che può essere considerato la causa principale dell'urto fra di essi, in quanto dovendo vivere e per farlo, spostarsi, finivano per alterare equilibri che probabilmente, fino a prima erano millenari. Gli europei, dunque, sono stati la causa stessa del loro sterminio, perché questa gente rappresentava un modello di vita "davvero ecologico" che la cultura ipocrita occidentale non poteva permettersi di lasciare attiva, in quanto modello di paragone con la nostra attuale.
     Sempre in Catlin op.cit. pagina 331 Lettera n.37:
     «[...]i Pawnee ed i Comanche. Sono due grandi tribù[....] spesso effettuano colpi di mano lungo la Frontiera e depredano i commercianti che attraversano la loro terra. Non posso però rimproverarli più di tanto, dal momento che gli spagnoli li stanno lentamente soffocando avanzando da una parte e gli americani li stringono dall'altra e, in poco tempo, distruggono gli animali da pelliccia e la selvaggina della loro terra, ciò che Dio diede loro come unica ricchezza e fonte di soppravvivenza.»


     Pensavo di aver terminato, ma siccome dalla solita Console di Linux mi appare il seguente fortune, mi viene in mente un fatto che concerne gli antropologi rapportati ai nativi, sul quale avevo fatto un video. Si tratta di una serie di brevi letture dal libro Lila di Robert Mainard Pirsig, un coetaneo di mio padre.

     When asked by an anthropologist what the Indians called America before the white men came, an Indian said simply "Ours."
    Vine Deloria, Jr.

     Quindi, interpretando questo fortune a modo mio, cioè magico, ho deciso di aggiungere ancora il video di quella lettura, che parla degli indiani e dell'atteggiamento dei cosiddetti "scienziati", nel caso specifico antropologi culturali, ma potete a piacimento sostituire all'antropologia qualsiasi disciplina scientifica, dalla meccanica alla medicina e, peggio che mai in quest'ultima, e troverete sempre questo atteggiamento presuntuoso e saccente, che esclude tutto quello che emana da altri che non siano loro stessi. Il video è l'ultimo in basso a destra.
     Grazie per l'attenzione, sperando di aver suscitato curiosità e affetto per i "selvaggi", che sicuramente erano gente molto più a posto di noi!

    

     Vi abbraccio tutte e tutti.
    Vi voglio bene.
     Claudio.

Articolo n.196: tragedianativi.php
Sito: chifelio
Tema: 2 - Complotto contro l'umanità
Data: 2023-03-09

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