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La psicologia sociale secondo atto.
Domenica 18 aprile 2021
Riprendo il discorso iniziato nell'articolo precedente, per spiegare ulteriormente come sia stato
possibile fare credere alla gente cose che non hanno alcun riscontro nella realtà.
Mi ripropongo di spiegare meglio il famoso e discusso esperimento di Stanley Milgram,
al quale ho soltanto accennato nel primo articolo e parlare del film di Bernardo Bertolucci
Il Conformista del 1970[1], citato come esempio, sempre nel manuale di Psicologia Sociale,
nel capitolo L'influenza sociale[2], dove gli autori tentano di individuare
se esistono persone con caratteristiche che li rendono
più o meno portate al conformismo sociale, anche per scoprire quali siano i tratti
della personalità che favoriscono
la resistenza ai fattori di influenza e la spinta all'indipendenza ed all'anticonformismo,
proprio perché l'esperimento di Milgram [1965] rivela le caratteristiche
drammatiche dell'obbedienza all'autorità. Ma anche il conformismo alla maggioranza potrebbe
avere risultati nefasti come raccontato nel film di Bertolucci, ambientato in un periodo storico
assai simile a quello che stiamo vivendo ai giorni nostri.
Stanley Milgram [1965]
«[...]la ricerca [in psicologia sociale n.d.r.] si è a lungo occupata del fenomeno della
obbedienza distruttiva, vale a dire quel comportamento umano orientato a
prestare obbedienza ad ordini lesivi della proprietà o delle persone.
Molte atrocità
commesse da militari e polizia sono infatti il risultato di ordini ricevuti, e anche nel
caso che i soldati o i poliziotti siano personalmente contrari alla violenza, purtuttavia
finiscono per obbedire. [...] Un simile fenomeno di obbedienza potrebbe egualmente
verificarsi [...in ] qualsiasi altro paese dei giorni nostri? Prima di dare una risposta,
mettetevi nei panni dei soggetti adulti di sesso maschile nel drammatico esperimento sulla
obbedienza alla autorità condotto da Stanley Milgram [1965].
Vi offrono 4 dollari e mezzo all'ora per partecipare ad un progetto di ricerca presso una
prestigiosa istituzione educativa (Università di Yale). Arrivate al laboratorio e si unisce a
voi un secondo partecipante, un signore di mezza età, corpulento e dall'aria dimessa. Vi viene
detto che l'esperimento verte sugli effetti prodotti dalle punizioni sull'apprendimento, e
nell'esperimento dovete lavorare insieme, uno come insegnante e l'altro come colui che
apprende; vien fatto un sorteggio e scoprite di aver avuto fortuna: voi farete l'insegnante,
evitando in questo modo la punizione inflitta all'«allievo» e cioè scariche elettriche.
Vi viene mostrato il generatore delle scosse: un grande pannello con una serie di trenta
pulsanti, tramite i quali le scariche vengono somministrate all'«allievo» ogni qual volta
questo commette un errore nel compito prestabilito. Ogni pulsante somministra una scarica
elettrica di intensità progressivamente maggiore. Quello più bassoè di 15 volts, ed ogni altro
regola la scarica di 15 volts in più, fino ad arrivare ad un massimo di 450 volts. I
pulsanti vengono contrassegnati, oltre che da numeri, da cartellini indicatori: quello
più debole porta l'indicazione «shock leggero», mentre uno dei più potenti reca il
contrassegno «shock estremamente pericoloso». Dal momento che l'allievo deve fare una prova di
memoria, si presume dobbiate somministrare una scarica di 15 volts al primo errore, una
di 30 al secondo, eccetera. Perché vi rendiate conto degli effetti delle scariche, vi
faranno provare una scarica piuttosto dolorosa di 45 volts [all'insegnante, colui che
somministra le punizioni n.d.r.]. L'allievo viene quindi assicurato ad una sedia nella stanza
accanto, e gli vengono applicati elettrodi ai polsi.
Egli si dimostra a questo punto piuttosto inetto , e voi vi accorgete ben presto di essere
passati dai 15 ai 45 volts. Quando somministrate 75 volts, l'allievo emette un lamento e
dà segni di protesta; man mano che accrescete le scariche verso i 150 volts, le sue reazioni
di pena aumentano di intensità, finché urla che vuole smettere. Presto cessa di rispondere,
e comincia a battere contro il muro ogni volta che gli arriva una scarica. Arrivati ai 330
volts, non dà più segni di risposta; in un momento precedente egli aveva fatto riferimento
a problemi di cuore: è possibile che abbia avuto un attacco? Ogni volta però che esprimete
un dubbio sulla procedura, lo sperimentatore insiste che continuiate [...]
La «vittima» dell'esperimento era un colllaboratore di Milgram [...] nessuno shock
elettrico veniva somministrato [...]»[3]
Appare ovvio che l'oggetto dello studio, la cavia non era l'allievo ma l'insegnante.
Ora sono sicuro che per i dissidenti come me
appare immediatamente chiaro il
motivo per cui ho voluto dilungarmi sull'esperimento di Milgram, mentre per quelli
che ho definito nel mio articolo precedente i "credenti" nella pandemia,
[ma che in realtà sono anche sacerdoti
officianti di questa nuova religione, sono complici di questa truffa ai danni del
popolo, bisogna dirlo forte e chiaro] il collegamento rimane oscuro: occorre che i neuroni
del nostro sistema nervoso siano connessi tra di loro per fare i giusti collegamenti
tra i fatti apparentemente scollegati o apparentemente fuori contesto.
Per questi ultimi devo riportare ancora qualche riga dal manuale di psicologia sociale.
«Secondo molti psicologi sociali il manifestarsi della conformità e dell'obbedienza costituisce
un serio problema. Non può esistere una società libera, dicono, senza l'espressione
di una opposizione contro la maggioranza e contro l'autorità. Quando l'individuo tradisce
i propri veri sentimenti e cede alle pressioni esercitate dai gruppi sociali o dall'autorità,
si è fatto il primo passo verso la tirannia.»[4]
Probabilmente il mio sbaglio come scrittore, autore di questo sito, è stato quello
di "cortocircuitare" (mi si passi il neologismo biologico), per
l'elaborazione dell'informazione,
dal neurone numero uno al neurone numero quattro, cosa che mi sembrava elementare,
fin dall'esordio di questo mio sito tanti anni fa, ma che evidentemente così non è
per gli ipnotizzati televisivi. La cosa era ovvia per me che ho smesso di seguire
telegiornali dal 1992 o giù di lì, mentre meno ovvia è per coloro che ancora li seguono e
CREDONO a quanto l'arma finale di Bonvi
per le "Sturm Truppen", riversa nei loro cervellini ogni santo giorno. Quanti ancora
CREDONO che quell'apparecchio dica loro la
VERITÀ su quanto sta accadendo in questo
momento in Italia e nel mondo, nonostante molti
LIBERI RICERCATORI come il sottoscritto e tanti altri lavorino e studiino
incessantemente, per tentare di salvare più gente possibile da questa follia sociale,
senza secondi fini o tornaconto personale, anzi, spesso pagando di tasca propria le spese
per la diffusione di una «espressione di una opposizione contro la maggioranza
e l'autorità» al fine di preservarci tutti quanti dalla tirannia. Non è difficile
che anche i cervellini ridotti di dimensione dalla televisione arrivino anche loro dove siamo
arrivati noi, che abbiamo scelto di schierarci diversamente da voi. Basta fare l'atto di umiltà
che abbiamo avuto il coraggio di fare noi, che consiste in un ragionamento semplicissimo:
«È possibile che la maggior parte delle cose che abbiamo imparato siano sbagliate?»
«È possibile che siano state deliberatamente insegnate errate?»
«Il mio essere, me stesso, la mia personalità non ne escono sminuite se mi accorgo di
essere stato ingannato su tutta la linea, anche se è arduo doversi re-inventare e
riscoprire tutto. Basta mettersi in discussione, il che non significa essere insicuri,
ma semplicemente fregarsene della maggioranza e dell'opinione altrui. Rispettandola,
ma senza lasciarsi condizionare.»
Non occorre essere Buddha ed avere l'Illuminazione per capire l'inganno globale. Nessuno
vi ha costretti ad indossare la mascherina in auto da soli o sui sentieri di montagna,
a rimanere chiusi in casa, a procurarvi autocertificazioni del tutto illegali, a
disinfettarvi le mani ad ogni piè sospinto, magari creando a voi stessi problemi topici,
a vaccinarvi con un vaccino sperimentale. Avete fatto i delatori ai vostri vicini che
festeggiavano in sei più uno, allo stesso modo in cui i delatori hanno fatto scovare
gli ebrei alle SS: come avrebbero fatto a rovistare tutte le case? E avete fatto entrare
in casa vostra i Vigili Urbani (che lo dico e lo ripeterò all'infinito sono i peggiori di tutti,
mentre ho la massima stima per i Carabinieri) allertati dai delatori,
senza un mandato firmato dal giudice,
cosa assolutamente inammissibile dal diritto.
Siete voi che avete fatto tutte queste
cose, senza coercizione! Ed in questo modo avete creato dei precedenti, che sono
pericolosissimi per la Libertà di tutti.
Passiamo ora ad un articolo che mi piace molto e che
svela l'arcano di come, gli psicotici veri, i credenti, additino
noi "risvegliati" come psicotici.
Alcuni periodi tratti da "Le pietre nel
cervello" di Livio Cadè
Si credeva un tempo che a causare la follia fosse una pietra che
premeva sul cervello. Perciò si apriva chirurgicamente il cranio per trovarla e rimuoverla,
quasi fosse un calcolo biliare. Ma nessuno trovò mai in quelle povere teste scoperchiate il
sasso della pazzia. Col senno di poi ci è facile giudicare quei cerusici più dementi delle
loro vittime inutilmente torturate. Già Erasmo diceva dei medici che "i
n questa professione quanto più uno è ignorante, avventato, leggero,
tanto più è considerato".
In realtà ogni uomo soffre di una qualche forma di pazzia. La nostra mente fa esperienza del
mondo attraverso un'elaborazione psicotica, la nostra stessa ragione è un sistematico delirio.
È ciò che, con un termine orientale, potremmo chiamare 'Maya'. Viviamo e ci muoviamo in una
sorta di film o sfera allucinatoria in cui proiettiamo tutte le nostre illusioni riguardo alla
realtà, ai valori, agli scopi e ai significati dell'esistenza. Uscire da questa bolla psicotica
e vedere la nuda realtà -quello che si dice illuminazione– è privilegio di
rarissime nature mistiche.
[...]da più di un anno è in corso un allarmante fenomeno antropologico, ossia il nascere
e il rapido svilupparsi di un'allucinazione collettiva. La sintomatologia di questa
recente psicosi, (detta Psicosi Pandemica o PP ma anche, volgarmente, pandemenza) presenta
un complesso di gravi disturbi fobici e paranoici. Tale quadro morboso sta assumendo un
ruolo sempre più determinante nelle nostre vite, inglobando o prevaricando ogni precedente
psicosi. Vi si mescolano confusamente trame apocalittiche e soteriologiche, manie di
contaminazione e purificazione, e varie ossessioni trasferite da un piano mitico e religioso
a uno laico e sanitario.
Leggi tutto ...
Il conformista, film di Bernardo Bertolucci [1970].
«La personalità conformista esiste davvero? In un film molto interessante, diretto da
Bernardo Bertolucci, Il conformista, si racconta la storia di un individuo che
da giovane ha assassinato l'uomo adulto che l'ha sedotto. A causa del suo penoso segreto,
egli si sente alienato dal mondo normale, e per allentare il suo senso di colpa, cerca di
conformarsi in tutto e per tutto alle regole culturali vigenti. Dal momento che vive
nell'Italia fascista, ne diviene un fedele seguace. Il partito gli affida il compito
di assassinare un amico, un professore di filosofia che vive a Parigi insieme alla
bellissima moglie. Il film descrive il profondo conflitto di quest'uomo combattuto tra
l'ossessione conformistica e i profondi sentimenti di amicizia che lo legano al professore
e alla moglie.
Questo film solleva problematiche molto importanti sul fenomeno del conformismo nella nostra
società. [...] nel caso del fil di Bertolucci, per esempio, il protagonista cerca di
ridurre i propri sentimenti di colpa. Questo punto di vista collima con il risultato
di ricerche da cui risulta che gli individui con un basso livello di autostima hanno
un comportamento più conformistico di quelli con maggiore sicurezza di se stessi [De
Charms e Rosembaum 1957; Rosenberg e altri 1960]. Le persone dotate di minore sicurezza
sono infatti motivate dal bisogno di una maggiore sicurezza. Altre ricerche hanno
dimostrato che gli individui con un alto bisogno di approvazione, tendono a conformarsi con
maggior prontezza di coloro che dimostrano un basso livello di approvazione; in questo modo essi
cercano di acquisire benevolenza da parte degli altri. Inoltre quelli che si collocano
ad un livello alto della scala F delle tendenze autoritarie (vedi capitolo quarto) hanno
maggiore tendenza alla conformità di quelli che ottengono un minor punteggio; la
personalità autoritaria si conforma in quanto tende a rispettare le convenzioni senza
porre domande.
La conformità, dunque, appare prima di tutto un mezzo per assecondare una varietà di bisogni
psicologici. Se accettiamo questa impostazione, l'esistenza di una «specifica personalità
di conformista» sembra essere molto improbabile.»[5]
Dunque per la psicologia sociale non esistono individui tendenzialmente conformisti, ma
piuttosto individui che cavalcano l'onda per bisogni spacifici propri. Questo ci
dà una grande speranza: significa che conformismo e obbedienza sono reversibili, cosa
che non possiamo dire per le Libertà e i diritti che abbiamo consegnato spontaneamente
nelle mani dei tiranni senza coercizione, senza pensarci. Riflettiamo su questo!
Ma la psicologia sociale ha altresì
individuate caratteristiche di resistenza ai fattori di influenza.
«[...]gli sperimentatori hanno approntato ricerche sul comportamento indipendente,
vale a dire quel comportamento con il quale ci si impegna a resistere ai fattori di
influenza sociale allo scopo di poter conseguire il proprio obiettivo. Viene di solito
introdotta una distinzione tra indipendenza e anticonformismo;
quest'ultimo termine si riferisce a quel comportamento in cui la diserzione dalle regole
del gruppo e da quelle della figura autoritaria diventa un fine in se stesso. Noi ci
occuperemo di indipendenza, piuttosto che di anticonformismo.
Fattori psicologici della spinta all'indipendenza
La resistenza manifestata dall'individuo verso la pressione alla conformità fa leva su
diversi fattori: il proprio credo, ad esempio, o i principi etici e l'impegno sociale,
sono tutte motivazioni importanti. Alcuni psicologi ritengono però che tale resistenza
possa scaturire da bisogni psichici profondi. Vediamo le seguenti due possibilità:
il bisogno di sentirsi libero e il bisogno di sentirsi unico.
[...] agiscono nell'individuo
profonde e solide motivazioni a salvaguardare la propria libertà di scelta. Ogni
qual volta è sotto la minaccia di una riduzione della libertà, egli reagisce
elaborando una modalità a valenza negativa, chiamata reattività. L'individuo
che sperimenta reattività cercherà di ridurla reclamando la propria libertà perduta.
[...] La censura riduce la libertà dell'individuo, ed è per questo motivo suscettibile
di provocare una risposta reattiva; la reattività inoltre può essere ridotta attraverso
l'intensificazione del desiderio rivolto al materiale oggetto di censura.
La censura dovrebbe farvi suonare inoltre qualche campanellino da qualche parte,
anche senza aver mai letto nulla di psicologia: per quale motivo, valido o meno,
l'autorità in qualunque modo impersonata, ha il
diritto di nascondermi qualunque cosa?
[...] Le condizioni atte a favorire una risposta reattiva sono molteplici:
1) Maggiore è la paura di perdere la propria libertà, maggiore è la reattività.
2) Tanto più è importante per l'individuo il comportamento ostacolato, tanto maggiore
è la reattività. [...] l'individuo sviluppa resistenza contro i tentativi di
condizionamento esterno, anche quando essi provengono da qualcuno che è a lui
gradito. Uno studio ha messo in rilievo come anche i favori ricevuti possono provocare
reattività. Ricevere un favore, infatti, può voler dire doverlo restituire, e questo
obbligo riduce la possibilità di scelta [...].
3) La reattività è maggiore quando si crede nella libertà dell'individuo. Unicità: il bisogno di sentirsi diverso.
[...] Una delle ragioni per cui la gente desidera essere unica è perché in tutte
le società viene dato grande valore a tutto ciò che è raro. [...] L'identità
personale sebra fondarsi più su ciò che ci distingue dagli altri che su ciò che ci accomuna.
[...] i ricercatori hanno studiato la reazione degli individui nel momento in cui
gli viene detto di essere del tutto simili agli altri. In circostanze come queste la
maggior parte della gente reagisce con angoscia, con una diminuzione del livello di
autostima e con una diminuita considerazione nel confronto di coloro ai quali si
è ritenuti somiglianti. [...] Spesso la gente non si accontenta di essere semplicemente
diversa: vuole essere migliore almeno in qualcosa.»[6]
Bene, direi che a questo punto, abbiamo sviscerato abbastanza bene, dal punto di
vista della psicologia sociale, come funzionano i meccanismi di influenza sociale
del comportamento dell'individuo, anche se ci sarebbero ancora da analizzare i fattori
che fanno di una persona un influencer più o meno valido, ma andremmo troppo
oltre a quanto mi ero riproposto all'inizio dell'articolo precedente, ossia tentare di spiegare come si sia costruita
una obbedienza mondiale, con pochissimi controlli e scarsa coercizione, fondata sul nulla:
una malattia che si riconosce da tamponi
farlocchi, con una mortalità inferiore all'1%, strombazzando dati manipolati e
facendo leva sulla paura innata di morire.
Degli psicologi sociali rimarrebbe da dire che molti di essi, i più influenti,
sono stati al soldo del potere proprio perché conoscevano i meccanismi di cui si è
discusso e potevano quindi fornire le chiavi per condurre in schiavitù tutta la
popolazione mondiale. Questo avviene non da oggi, ma da sempre. Conoscendo le note
giuste, il pifferaio magico conduce tutti i topolini, o pecore, scegliete voi, dove
più gli aggrada, financo al macello, come è stato fatto in passato con guerre e
rivoluzioni. La maggior parte di essi andava volontario a farsi ammazzare, pensando di essere
un patriota, mentre invece era soltanto uno degli strumenti ignari del malthusianaesimo.
Oggi, siccome le guerre sono troppo pericolose persino per l'èlite, hanno
mutato modus operandi senza smettere di fare quello che hanno cercato di fare
da sempre: tenere sotto controllo il numero totale dei "sacrificabili", come
ci considerano, con la medicina.
Vi si dice queste cose da decenni e ancora non capite?
Allora correte pure a vaccinarvi e buona fortuna!
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Scrivere è esternare il proprio pensiero agli altri, al di là del tempo e dello spazio che ci separano.
Il pensiero non è un prodotto finito, ma un processo in divenire, sempre incompiuto e perfettibile.
Scrivere è un contributo a migliorare questo nostro Mondo.
Pensare un mondo migliore è un atto d'amore verso gli altri.
Pensare in tanti un mondo migliore è già un 50% della sua realizzazione.
Giovanni
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